        Hearing that the MXGP will return to China got us thinking about the years MotoGP raced at the Shanghai Circuit. There were just four editions of this event, held from 2005 to 2008, after which the championship did not go back. Which begs the question &ndash; if the organisers seek exotic places with thriving markets, why doesn&rsquo;t it return to a Republic that counts 1,413,142,846 (declared) inhabitants and boasts enviable economic expansion? MotoGP China: two wins for Valentino Rossi In MotoGP, Valentino Rossi scored two wins, in 2005 and 2008, both with Yamaha. #46 secured the title in both years, an idol in the country that boasts the longest wall in the world. Casey Stoner at the China GP: wins in 250 and the reigning class Australian rider Casey Stoner won at Shanghai in 2007, while competing with race number 27. He had already tasted success in China in 2005, scoring victory in the 250 class with the LCR Aprilia. Two wins for Mika Kallio at the China GP It&rsquo;s a shame few speak of him - Mika Kallio was a great rider, one of the only Nordic riders to remain in the paddock in fact, in that he&rsquo;s now a test rider for KTM. It was with the 125 and 250 orange bikes that the Finn was able to beat off the competition in 2006 and 2008, finishing first ahead of Mattia Pasini &ndash; who won the 125 race in 2005 - and Hiroshi Aoyama. China enormous, rich and powerful, but also &lsquo;abandoned&rsquo; by Formula 1 It&rsquo;s no secret that China continues to expand both economically and demographically. The championship is keen to explore new and exotic locations, such as India &ndash; which it has now done, despite the obstacles - and Kazakhstan &ndash; which it has not yet done, although it looks like another attempt may be made in 2024. That&rsquo;s great if the goal is to boost visibility, economy and contact with territories that are potentially ripe in terms of their potential for international marketing and links with government and institutions. Regardless of whether there are any local riders on the grid, there&rsquo;s a reason to compete in those places. And so the question is whether we&rsquo;ll ever see a return to China? Is there no circuit other than Shanghai that could host such an event? Formula 1 competed there on around 16 occasions, between 2004 and 2019. Then came the pandemic, which was followed by other issues. If the problems are not actually sport related, then perhaps there&rsquo;s nothing doing.       

The world championship raced at Shanghai from 2005 to 2008, and then no more. If flourishing markets are so important, why not try again?

MXGP to return to China, but MotoGP?!

        Apprendere del ritorno da parte della MXGP in cina, ci ha fatto pensare alle edizioni disputate dalla MotoGP sul Circuito di Shangai, dall'anno 2005 al 2008 di fila. Sono state quindi 4 le edizioni del Gran Premio a "ruote lisce", poi messe in archivio. La domanda sorge spontanea: ma se &egrave; vero che si cercano posti esotici dai mercati floridi, perch&eacute; non tornare a correre in una Repubblica che conta 1 413 142 846 abitanti (dichiarati) e vanta una espansione economica invidiabile? Gran Premio Cina MotoGP: a Valentino Rossi due vittorie Puramente riferendoci alla classe MotoGP, contiamo due vittorie di Valentino Rossi, firmate nel 2005 e 2008, entrambe marcate Yamaha. Sia nel primo che nel secondo caso fu titolo mondiale per il numero 46, idolo anche nel Paese con la muraglia pi&ugrave; lunga al mondo.  Casey Stoner nel Gran Premio di Cina: vittorie in 250 e classe regina Qui sotto Casey Stoner sfoggia la tabella pi&ugrave; ambita, valevole di corona iridata. Tuttavia, con la Ducati l'australiano si &egrave; imposto a Shangai nel 2007, quando portava in gara il 27. Successo ottenuto pure nel 2005 in duemmezzo, coi colori Aprilia LCR.&nbsp;  Anche due vittorie per Mika Kallio nel Gran Premio di Cina Peccato che ne parlino in pochi: Mika Kallio era un gran bel pilota, uno dei pochi nordici veri rimasti nel padock, poich&eacute; oggi tester e consulente KTM. Proprio con le 125 e 250 arancioni il finlandese riusc&igrave; a regolare la concorrenza nel 2006 e 2008, battendo Mattia Pasini - sul gradino pi&ugrave; alto della ottavo di litro edizione 2005 - e Hiroshi Aoyama.  Cina enorme, ricca, potente, ma "abbandonata" pure dalla Formula 1 Segreto svelato non &egrave;, se diciamo quanto la Cina stia (ancora) espandondesi in termini economici e demografici. La serie vuole esplorare localit&agrave; ritenute amene, quali India - fatto, malgrado gli impicci - e Kazakistan - non fatto, ma pare ci si voglia riprovare - tra il 2023 e il 2024. Molto bello, se ci&ograve; serve ad accrescere visibilit&agrave;, economia e contatti con territori potenzialmente carichi dal punto di vista delle commercializzazioni internazionali e collegamenti con governi e istituzioni. Indipendente che si abbiano nomi locali in griglia, un senso per andare laggi&ugrave; c'&egrave;. Infatti, la questione &egrave;: quando e se si torna in Cina? Non esiste circuito oltre all'impianto di Shangai abile a ospitare un evento di tal portata? La Formula 1 ci ha completato qualcosa come 16 edizioni del Gran Premio, dal 2004 al 2019. Poi &egrave; arrivata la pandemia, poi sono sorti altri problemi. Se il nodo &egrave; legato a situazioni extra-sport, alziamo le mani.        

Il mondiale a "ruote lisce" si &egrave; disputato a Shangai dal 2005 al 2008, poi non pi&ugrave;. Se &egrave; vero che si cercano mercati fiorenti, perch&eacute; non riprovarci?

La MXGP torna in Cina, ma la MotoGP?!

Max Biaggi, Loris Capirossi, Valentino Rossi, Jorge Lorenzo, questi sono solo alcuni dei nomi che hanno legato le proprie imprese nel motomondiale al marchio di Noale nella ormai defunta 250GP. Che si chiamasse RS250V, RSW250 o RSA250 la base tecnica era la medesima: motore bicilindrico a V di 90&deg;, 249,6cc 2 tempi in grado di erogare nelle sue ultime evoluzioni oltre 105cv il tutto in un contenutissimo peso si 100kg. Le 250GP ancora oggi sono considerate dai piloti che le hanno usate e da moltissimi appassionati le pi&ugrave; belle moto da Gran Premio mai realizzate e tra queste a spiccare su tutte c&rsquo;era la Aprilia RS 250 V.  HONDA RC30: LA STORIA DELLA MOTO CHE CONQUIST&Ograve; LA SBK E LA GENTE  L&rsquo;eredit&agrave; della AF1    La casa di Noale debutt&ograve; nel 1985 con il progetto AF1 250, una moto costruita in un inverno per assecondare le richieste di Michele Verrini che voleva debuttare nel motomondiale con un proprio team. Ivano Beggio allora Patron Aprilia credette subito nell&rsquo;ambizione di Verrini e in poco tempo anche grazie alla partnership con Rotax che forn&igrave; i motori riusc&igrave; a schierare la AF1 in griglia nel motomondiale, affidandola a Loris Reggiani. La moto era molto semplice, un motore Rotax bicilindrico &ldquo;in tandem&rdquo; da circa 75 cv ed un telaio scatolato in alluminio prodotto da Aprilia per un peso di circa 90kg. Nella prima stagione arriv&ograve; subito il podio in Jugoslavia ma per arrivare al successo a Noale dovettero attendere il GP di San Marino 1987 quando Loris Reggiani transit&ograve; per primo sotto la bandiera a scacchi a Misano Adriatico. Per essere pi&ugrave; competitivi per&ograve; serviva ben altro...  MOTOGP, ALEX MARQUEZ: &quot;MARC-GRESINI? SE NON SI DIVERTE, SI RITIRER&Agrave;&quot;  Nata per vincere    Per la stagione 1991 Aprilia fa sul serio ed il nuovo progetto (in mano ormai da un paio di stagioni a Jan Witteween)&nbsp;fu&nbsp;un vero passo avanti a livello tecnico. Il motore, che gi&agrave; nel 1988 era diventato di produzione Aprilia venendo nominato AF/1V passando ad&nbsp;un bicilindrico a V di 90&deg; (bench&egrave; non fosse una V pura, avendo i due alberi controrotanti), nel 1991 riceve un primo importante aggiornamento. Cambia interamente la termica, questo permette anche di rivedere il sistema di raffreddamento, cambia anche l&rsquo;accensione e sostituiti anche i carburatori. Non solo il motore per&ograve; riceve aggiornamenti ma anche il telaio cambia in maniera importante, il doppia trave in alluminio riceve degli innesti in carbonio diventando pi&ugrave; rigido e leggero, migliorando notevolmente rispetto a quello della AF1 precendente del 1990. Il passo avanti &egrave; evidente tanto che con la nuova AF1 centrano subito un successo a testa Pierfrancesco Chili e Loris Reggiani, il primo ad Assen mentre il secondo al Paul Ricard. Nella stessa stagione Aprilia, sempre con la AF1 250 &quot;clienti&quot;, si aggiudica il titolo europeo 250GP grazie ad un giovane ragazzo romano che aveva iniziato a correre solo qualche anno prima: Max Biaggi.    IANNONE PU&Ograve; TORNARE A VINCERE DOPO LA SQUALIFICA? I PRECEDENTI  Continua nella pagina successiva  &nbsp;  La AF1 lascia podi e vittorie alla RS  La AF1 250 continua a vincere anche l&#39;anno successivo, nel 1992, con Loris Reggiani secondo nel mondiale dietro solo a Luca Cadalora, e con la storica prima tripletta sul podio, in quel di Hockenheim con Chili, Biaggi e Reggiani a festeggiare quella che fu un&#39;impresa per la Casa di Noale e la sua 250 (poi replicata a Kyalami all&#39;ultima stagionale con la prima vittoria di Biaggi). E nel 1993, contrariamente a quel che riportano alcune fonti, arriv&ograve; la RS 250 V, evoluzione della AF1, ormai arrivata a fine ciclo. La nuova RS (nome che la collegava ora al nuovo modello 125 stradale arrivato nel 1992)&nbsp; portava in dote una nuova aerodinamica e l&#39;introduzione della valvola parzializzatrice elettronica allo scarico, in luogo di quella a comando pneumatico.  ARRIVA LO SPONSOR CHESTERFIELD   L&#39;inizio di stagione non fu il massimo per la bicilindrica RS, ancora indietro con lo sviluppo ed i primi risultati iniziarono a vedersi da met&agrave; stagione in avanti. In quell&#39;anno debutt&ograve; anche una livrea che segn&ograve; una vera epopea per la Aprilia RS250W. Ad agosto venne siglato l&#39;accordo con la Chesterfield.&nbsp; Nel 1994 arriva una ciclistica aggiornata. La nuova moto fa un balzo avanti importantissimo tanto che Max Biaggi &egrave; in grado di vincere l titolo contro Loris Capirossi e Tadayuki Okada, vincendo sette gare. Nel 1995 arriva il bis:&nbsp;Max Biaggi &egrave; imprendibile in sella alla nerissima Aprilia RS250V ufficiale, conquista 8 successi e 4 podi e si porta a casa il secondo&nbsp;titolo in 250 per lui e per Aprilia che conquister&agrave; anche il titolo costruttori. L&rsquo;anno successivo la storia non cambia, Biaggi &egrave; sempre imprendibile e si porta a casa il titolo nonostante tre ritiri nelle ultime sei gare della stagione. In questi anni Aprilia ha iniziato a differenziale le RS250V ufficiali da quelle che poi vendeva ai clienti, il rebranding ha portato anche un nuovo nome per la moto di Noale che divenne RSW250 per le moto ufficiali e RSW250 LE per i team privati con trattamento semiufficiale.  MOTOGP AUSTRALIA, MARC MARQUEZ: &quot;CASEY STONER ERA UN ANIMALE&quot;  Continua nella pagina successiva  &nbsp;  Fine decennio nel segno di Capirossi e Rossi  La fine degli anni &lsquo;90 porta con s&eacute;&nbsp;un nuovo aggiornamento alla RS250V, il telaio in alluminio diventa pi&ugrave; rifinito, la ciclistica si aggiorna con nuove sospensioni e soprattutto l&rsquo;introduzione delle pinze ad attacco radiale che sostituiscono quelle assiali utilizzate fin qui. La nuova moto vede anche una nuova carena, pi&ugrave; protettiva e che poi sar&agrave; ripresa dalle Aprilia RS125 e RS250 stradali che saranno un successo a livello commerciale fino a met&agrave; degli anni 2000. A portarle in pista nel 1998 ci sono Loris Capirossi e Valentino Rossi che conquisteranno a fine anno il primo ed il secondo posto in campionato vincendo 13 delle 14 gare disputate in quella stagione. Nel 1999 &egrave; il turno di Valentino Rossi laurearsi campione del mondo 250GP con Aprilia che conquister&agrave; nuovamente anche il titolo costruttori.    I primi anni 2000 e l&rsquo;ultima evoluzione della RSW250  Il nuovo millennio si apre con Aprilia che deve cedere il passo alle case giapponesi che con Olivier Jacque su Yamaha prima ed il compianto Daijiro Kato su Honda poi si prendono i titoli 2000 e 2001. Per tornare al successo Aprilia dovr&agrave; aspettare il 2002 dove per&ograve; riusc&igrave; ad aggiudicarsi non solo il titolo piloti e costruttori nella 250 con Marco Melandri ma anche nella 125 con Arnaud Vincent. Fu una stagione memorabile per le 2t di Aprilia che si portarono a casa 4 titoli iridati ma soprattutto 14 successi su 16 gare sia in 125 che in 250. La supremazia del progetto RSW venne confermato anche nel 2003 quando sulla moto ufficiale della casa di Noale sal&igrave; Manuel Poggiali, nonostante il sanmarinese fosse al debutto nella quarto di litro riusc&igrave; subito a conquistare l&rsquo;alloro con Aprilia che nuovamente si impose in 14 delle 16 gare stagionali grazie anche ai successi di Fonsi Nieto, Toni Elias e Randy de Puniet.    SBK 2024: COSA CAMBIER&Agrave; DAVVERO COL NUOVO REGOLAMENTO TECNICO?  Continua nella pagina successiva  &nbsp;  L&rsquo;arrivo della RSA250 e la fine del sogno  Nel 2007 debutta l&rsquo;ultima versione della duemezzo di Noale che porta la sigla si RSA250, affidata a Jorge Lorenzo che aveva gi&agrave; conquistato il titolo nel 2006 con 8 vittorie e 3 podi contro Andrea Dovizioso. La nuova moto non fu una rivoluzione, sebbene le modifiche con la RSW erano notevoli, ma un importante miglioramento ad adeguamento alle tecnologie che ormai stavano debuttando nel motomondiale. La RSA250 vanta una nuova aspirazione, pi&ugrave; efficace, oltre ad una nuova termica ed una nuova disposizione del cambio. Il nuovo motore aveva oltre che pi&ugrave; potenza, anche un regime di rotazione utile migliore e pi&ugrave; ampio che andava dai 6.000 giri/min ai 13.500 giri/min. Anche la ciclistica viene aggiornata: la nuova moto ha un telaio pi&ugrave; corto permettendo cos&igrave; di utilizzare un forcellone pi&ugrave; lungo in grado di migliorare sensibilmente la trazione, venne implementata anche l&rsquo;elettronica con l&rsquo;introduzione di tre accelerometri, utili a gestire la potenza ormai superiore ai 105cv del bicilindrico di Noale, soprattutto in condizioni di scarsa aderenza. La RSA permise a Jorge Lorenzo di conquistare il suo secondo titolo in 250 vincendo 9 gare e salendo sul podio in tre occasioni. La casa di Noale conquist&ograve; l&rsquo;ennesimo titolo costruttori grazie anche ai successi di Alvaro Bautista, nel frattempo passato in 250 dopo il titolo conquistato nel 2006 in 125. Proprio nella stagione 2007 Aprilia raggiunge il traguardo delle 125 gare vinte in 250.  MONDIALE CON IL &quot;SIC&quot;    Nel frattempo l&rsquo;acquisizione di Aprilia da parte del Gruppo Piaggio ha permesso il debutto o meglio il ritorno di marchi come Gilera e Derbi nel motomondiale, le moto erano come avviene oggi con KTM ed i brand del gruppo in Moto3, identiche alla RSW250 marchiata Aprilia. Nel 2008 da met&agrave; stagione Marco Simoncelli gi&agrave; leader di campionato con la Gilera RSW250 ricevette la RSA per il finale di stagione nel quale conquist&ograve; il titolo piloti a Sepang. Nel 2009 ultima stagione nel motomondiale delle quarto di litro, il Sic non riusc&igrave; a confermarsi ed il titolo piloti and&ograve; ad Hiroshi Aoyama ma Aprilia conquist&ograve; comunque il titolo case.  La storia della RS250V e delle sue evoluzioni termina, insieme a quella della classe 250, l&rsquo;8 novembre 2009 a Valencia con la vittoria di Hector Barbera davanti ad Alvaro Bautista entrambi su Aprilia. La casa di Noale con la sua quarto di litro tra il 1993 ed il 2009 ha collezionato ben 150 vittorie in 290 Gran Premi, monopolizzando in diverse occasioni tutto il podio e conquistando 18 titoli tra piloti e costruttori facendo della RS250V la moto pi&ugrave; vincente degli ultimi 20 anni della classe pi&ugrave; amata di sempre.   

Con questa quarto di litro la Casa di Noale ha fatto incetta di titoli tra piloti e costruttori dal 1993 anno del debutto al 2009 ultimo anno prima delle Moto2

Aprilia RS 250 V, la classe media che vola(va) alto

        Nel weekend del Gran Premio dell'Indonesia sul tracciato di Mandalika, il Team Asia ha reso noti i nomi dei piloti che ne difenderanno i colori nel 2024, sia per quanto riguarda la Moto2, sia per la Moto3. Si tratta di un paio di rinnovi, una promozione ed una conferma direttamente dal Mondiale Junior: ecco chi saranno. Marquez in Gresini: cosa ne pensano i piloti MotoGP Chantra e Aji in Moto2  Per quanto riguarda la classe intermedia del Motomondiale, non c'&egrave; mai stato alcun dubbio a proposito del rinnovo di Somkiat Chantra, che con il passaggio in un'altra squadra (MT Helmets-MSi) di Ai Ogura diventer&agrave; il vero e proprio pilota di punta del team in quella che sar&agrave; la sua sesta stagione completa nella categoria. Al fianco del thailandese arriver&agrave; l'indonesiano Mario Suryo Aji, promosso in Moto2 dopo un biennio in Moto3 in cui non &egrave; riuscito ad esprimersi al meglio per via di un fisico non adatto alla classe leggera. Con una moto pi&ugrave; pesante e potente come la Kalex motorizzata Triumph potrebbe finalmente ritrovare la competitivit&agrave; gi&agrave; mostrata ai tempi della Rookies Cup. GP Indonesia: Bagnaia e Martin pronti per duellare a Mandalika Furusato e Buasri in Moto3   Passando alla Moto3, per il terzo anno consecutivo a difendere i colori del team di Hiroshi Aoyama ci sar&agrave; Taiyo Furusato. Il passaggio diretto dalla Asia Talent Cup al mondiale non &egrave; stato facile, ma il pilota del Sol Levante sta continuando a crescere e il prossimo potrebbe rivelarsi come l'anno della sua definitiva maturazione. La novit&agrave; dall'altro lato del box sar&agrave; invece rappresentata dal thailandese Tatchakorn Buarsi, che debutter&agrave; a tempo pieno nel Motomondiale dopo diverse stagioni in Rookies Cup e nel Mondiale Junior Moto3, dove ha anche gi&agrave; trovato la vittoria correndo proprio con il Talent Team di casa Honda. SBK 2024: cosa cambier&agrave; davvero con il nuovo regolamento tecnico?       

Tra conferme, promozioni e volti nuovi, ecco i quattro piloti che scenderanno in pista il prossimo anno con le moto del team capitnatato da Hiroshi Aoyama

Moto2 e Moto3: svelate le line up ufficiali del Team Asia per il 2024

        Dopo Izan Guevara, la Moto2 si ritrova orfana di un altro pilota particolarmente atteso per il primo Gran Premio della stagione, ovvero Ai Ogura. Il giapponese, vicecampione dello scorso anno alle spalle di Augusto Fernandez, non sar&agrave; al via del weekend all'Autodromo Internacional do Algarve di Portimao a causa di un infortunio al polso rimediato durante un allenamento con la moto da cross nelle scorse settimane. Orari MotoGP Portimao 2023: la programmazione Sky e TV8 Inizio di stagione in salita per Ogura  Il portacolori dell'Honda Team Asia aveva gi&agrave; saltato i test prestagionali di Jerez e Portimao, sottoponendosi negli scorsi giorni ad un'operazione a Barcellona. Il periodo di recupero si &egrave; rivelato pi&ugrave; lungo del previsto, facendogli quindi cominciare in ritardo la stagione. Il rientro di Ogura dovrebbe infatti avvenire nel prossimo appuntamento, ovvero quello in Argentina sul circuito di Termas de Rio Hondo, mentre in Portogallo la squadra capitanata da Hiroshi Aoyama schierer&agrave; soltanto il thailandese Somkiat Chantra nella classe intermedia. MotoGP, Pirro: "Ducati ha imparato dagli errori, confermarsi non &egrave; facile" Ogura preferisce non prendere rischi  &ldquo;Purtroppo, non potr&ograve; correre il Gran Premio del Portogallo&rdquo;, ha detto Ai, chiaramente dispiaciuto. &ldquo;Qualche settimana fa ho avuto un incidente durante un allenamento con la moto da cross, mi sono infortunato al polso e il recupero si &egrave; rivelato pi&ugrave; complesso di quanto pensassi. Non voglio correre rischi affrettando il mio rientro, perci&ograve; punto a tornare direttamente in Argentina. La nostra stagione comincer&agrave; da l&igrave;&rdquo;. Rookies Cup, la stagione inizia a Portimao: occhi puntati su Pini e Boggio       

Il vicecampione dello scorso anno non correr&agrave; il primo Gran Premio della stagione a causa di un infortunio, ma dovrebbe rientrare per l'Argentina

La Moto2 perde un altro protagonista: anche Ogura out a Portimao

        Vincere la domenica per vendere il luned&igrave;. Il celebre motto, coniato da un venditore Ford di nome Bob Tasca, &egrave; stato adottato da diverse Case automobilistiche e motociclistiche. Altri, come la Honda, sostengono invece che partecipare alle competizioni sia un&rsquo;attivit&agrave; finalizzata ad altri scopi. Nuovi punteggi in MXGP: ecco cosa cambia La filosofia Honda   Nella conferenza stampa dello scorso 12 dicembre, Shinji Aoyama, Director e Senior Managing Executive Officer di Honda Motor, ha spiegato che &ldquo;Molte generazioni di ingegneri Honda hanno affrontato pi&ugrave; e pi&ugrave; volte difficolt&agrave; mentre gareggiavano sul palcoscenico mondiale, ma hanno superato tali difficolt&agrave; e accumulato vittorie affrontando le sfide senza arrendersi. Negli sport motoristici, questo atteggiamento &egrave; indispensabile per affinare le persone e le tecnologie, ed &egrave; alla base delle attivit&agrave; motoristiche della Honda&rdquo;. Poi, per&ograve;, ha aggiunto, sorprendendo la platea: &ldquo;La Honda ha un&rsquo;altra missione fondamentale da perseguire nell&rsquo;area degli sport motoristici. &Egrave; la realizzazione del &lsquo;carbon neutral&rsquo;: la Honda ha gi&agrave; condotto una fase di ricerca e sviluppo di tecnologie per le emissioni zero sfruttando in modo proattivo il campo degli sport motoristici. D&rsquo;ora in poi, miglioreremo ulteriormente le nostre iniziative per mettere in pratica tali tecnologie nelle nostre attivit&agrave; sportive. Inoltre, a partire dalle moto, esploreremo le possibilit&agrave; di introdurre veicoli elettrificati nelle gare a cui partecipiamo&rdquo;. Il tema "carbon neutral"   Il tema ambientale &egrave; molto caro a Toshihiro Mibe, dall&rsquo;aprile 2021 presidente e CEO della Honda, ruolo precedentemente occupato da Takahiro Hachigo, il quale nei sei anni alla guida dell&rsquo;azienda aveva rafforzato le attivit&agrave; esistenti e preparato la crescita futura. Nel suo commiato espresse un auspicio: &ldquo;Che ognuno in Honda affronti le sfide che verranno con spirito nuovo, di modo che la &lsquo;nuova Honda&rsquo; possa decollare nella nuova era sotto una leadership rinnovata&rdquo;. Mibe &egrave; in Honda dal 1987 e la sua crescita professionale &egrave; avvenuta per lo pi&ugrave; nella Ricerca &amp; Sviluppo della divisione auto. Specialista nel campo dei propulsori, ha svolto un ruolo chiave nella costruzione di alcuni dei motori pi&ugrave; iconici della Honda degli ultimi due decenni. In un&rsquo;epoca di grandi cambiamenti come l&rsquo;attuale, Mibe &egrave; considerato l&rsquo;uomo giusto per traghettare nel futuro il gruppo Honda, che oltre alla Casa madre consta di 406 societ&agrave; (339 filiali consolidate e 67 societ&agrave; collegate e valutate con il metodo del patrimonio netto) in tutto il Mondo. Nel suo discorso di insediamento ha ricordato che la decarbonizzazione &egrave; una missione importante per l&rsquo;azienda, fissando un obiettivo ambizioso, il &ldquo;carbon zero&rdquo; entro il 2050. Il neopresidente ha sottolineato un&rsquo;ulteriore sfida, ai limiti dell&rsquo;impossibile, la realizzazione di un Mondo senza collisioni, per godere della mobilit&agrave; in totale tranquillit&agrave; e &ldquo;Arrivare a zero vittime di incidenti stradali entro il 2050&rdquo;. Decisamente difficile, considerando gli 1,3 milioni di persone che muoiono ogni anno a causa di incidenti stradali. Mibe non ha invece fatto alcun riferimento alle gare e anche nelle 88 pagine dell&rsquo;Honda Report 2022 il termine &ldquo;Racing&rdquo; figura solamente in quattro occasioni e sempre per indicare l&rsquo;impegno in Formula 1: una prima volta per ricordare l&rsquo;esordio nel 1964 e una seconda per evidenziare la trasposizione di design e tecnologie da F1 alla produzione nell&rsquo;ultimo ventennio del secolo scorso. Le due restanti citazioni sono servite a Mibe per sottolineare il ritorno in F1 nel 2015, gli errori compiuti e la curva di apprendimento nell&rsquo;uso delle tecnologie digitali. La MotoGP, cos&igrave; come la partecipazione a qualsivoglia GP, la Superbike, il Supercross e i Rally Raid non compaiono mai. Ci sono invece due riferimenti alla partecipazione al Tourist Trophy all&rsquo;Isola di Man: la dichiarazione, del 1954, dell&rsquo;intenzione di partecipare e l&rsquo;effettivo esordio, primo costruttore giapponese, in quella che era la gara pi&ugrave; prestigiosa dell&rsquo;epoca. Un&rsquo;altra eccezione &egrave; l&rsquo;indicazione, tra le tappe cruciali della crescita del Marchio, dell&rsquo;inaugurazione (1962) del circuito di Suzuka. Tutto ci&ograve; che &egrave; avvenuto dopo, inclusi i 72 titoli costruttori vinti nel Motomondiale, quasi il doppio della Yamaha, non viene citato. Eppure, sul proprio sito Internet, inclusa la versione italiana, la Honda rivendica di essere &ldquo;L&rsquo;azienda pi&ugrave; coinvolta in tutte le forme di sport motoristici su scala mondiale. Che si tratti di due o quattro ruote, la Honda considera la sua partecipazione alle pi&ugrave; importanti competizioni come l&rsquo;ultimo banco di prova dei suoi prodotti high-tech&rdquo;. Ducati e Honda hanno due filosofie oppopste. Quali? Scoprilo andando alla pagina successiva &nbsp; Honda e Ducati, filosofie opposte  Ma anche nelle quattro pagine del terzo capitolo dell&rsquo;Honda Report 2022 intitolato &ldquo;Strategia di creazione del valore&rdquo;, dedicate al business delle moto, alle gare in pista oppure off-road non si fa riferimento. Invece si precisa che: &ldquo;Le moto sono un mezzo essenziale di supporto alla mobilit&agrave; delle persone nei Paesi emergenti, compresi gli Stati dell&rsquo;Asia. Sono parte integrante dell&rsquo;infrastruttura sociale e crediamo che sia importante offrire le nostre moto a prezzi accessibili&rdquo;. In pratica l&rsquo;opposto della filosofia Ducati: l&rsquo;azienda di Borgo Panigale ha consegnato nel 2022 &ldquo;appena&rdquo; 61.562 moto, numerose a prezzi stellari (su tutte ricordiamo i 520 esemplari delle Panigale V4 con le livree di Pecco Bagnaia e Alvaro Bautista a 63.000 Euro l&rsquo;uno), facendo registrare ricavi per 731,7 milioni di Euro. La Honda, invece, nel 2021 (anche se l&rsquo;anno fiscale si &egrave; concluso come da tradizione nipponica il 31 marzo successivo e per questa ragione viene indicato il 2022) ha prodotto 17 milioni di moto, ricavando dalla divisione moto 15 miliardi e mezzo di Euro (2185 miliardi di Yen). Un valore gigantesco, ma inferiore ai ricavi generati dai servizi finanziari del gruppo (20 miliardi di Euro) e soprattutto a quelli della divisione auto Honda, quasi 64,9 miliardi di Euro (9147 miliardi di Yen). Se poi aggiungiamo i ricavi di Life Creation (dipartimento di Honda Ricerca &amp; Sviluppo che fornisce tecnologie motoristiche avanzate per la vita quotidiana e il lavoro) nell&rsquo;ultimo anno il fatturato complessivo del colosso nipponico ha superato i 103,2 miliardi di Euro, cio&egrave; 141 volte i ricavi della Ducati. Nel 2021 (o meglio, dall&rsquo;1 aprile 2020 al 31 marzo 2021) il fatturato era crollato, a causa principalmente della pandemia, a 93,4 miliardi di Euro. Nonostante la ripresa, i ricavi attuali sono ancora inferiori a quelli del 2016, anche se in quell&rsquo;occasione il profitto operativo era di 3,6 miliardi di Euro, mentre nell&rsquo;ultimo esercizio ha raggiunto i 6,18 miliardi di Euro, record di tutti i tempi per Honda. Il contributo principale arriva proprio dalle moto, sebbene i ricavi delle auto siano il quadruplo: il profitto operativo delle due ruote &egrave; stato nell&rsquo;ultimo anno di 2,2 miliardi di Euro, quello delle quattro ruote di 1,68 miliardi mentre i servizi finanziari incidono con 2,36 miliardi. E l'Europa? Passa alla prossima pagina per scoprire di pi&ugrave; &nbsp; L'Europa resta marginale  La Honda &egrave; decisamente in salute ma l&rsquo;Europa incide ormai in maniera marginale: oltre 14 milioni e mezzo di moto vendute nell&rsquo;ultimo anno sono finite in Asia, con Indonesia e India che assorbono oltre tre milioni di esemplari a testa. E proprio in Indonesia, che con oltre 280 milioni di persone &egrave; la quarta Nazione pi&ugrave; popolata al Mondo, la Honda ha creato una joint venture per la condivisione delle batterie elettriche. Fuori dal Continente asiatico il principale mercato &egrave; il Brasile, con quasi un milione di moto, oltre il doppio dell&rsquo;intero Nord America. Ancora meno moto Honda sono vendute in tutta Europa, appena 317mila nel 2022, un quarto della Cina e un quarantaduesimo dell&rsquo;intera Asia. Anche conteggiando le altre divisioni il Vecchio Continente resta marginale, con appena 4,3 miliardi di Euro di ricavi, rispetto ai 24 miliardi dell&rsquo;Asia extra-Giappone e ai 54 miliardi del Nord America. Anche per questo, nel 2023 ci sar&agrave; il numero record di nove GP (dieci considerando il Kazakistan) fuori dall&rsquo;Europa. Carmen Serena Alabrese, la pilota-maestra che sogna il CIV       

La Casa di Tokyo ha superato i 17 milioni di moto vendute e si concentra sul "carbon neutral", ma nel report annuale si parla poco delle corse

MotoGP Economy: ecco l'analisi del bilancio Honda

        Cosi come la MotoGP, anche la Moto2 sancir&agrave; il nuovo campione del mondo, in una sfida entusiasmante tra Ai Ogura e Augusto Fernandez protrattasi fino all'ultima gara. I due contendenti per il titolo sono separati da 9,5 punti, uno scenario favorevole all'attuale leader di classifica, Fernandez, alla quale "baster&agrave;" salire sul podio per assicurarsi il titolo. Dal canto suo, Ogura dovr&agrave; condurre una gara d'attacco, dimenticandosi dell'errore nella gara di Sepang che gli ha fatto perdere la testa della classifica. Augusto Fernandez: "Voglio vincere, servir&agrave; un week-end di gara come gli altri" Augusto Fernandez si appresta a disputare, cosi come il rivale, la gara pi&ugrave; importante della sua carriera, in cui pu&ograve; laurearsi per la prima volta campione del mondo. Un potenziale biglietto da visita decisamente allettante in vista dell'approdo in MotoGP. Lo spagnolo in conferenza stampa ha mostrato tutta la sua convinzione in ottica della gara: "La mia preparazione &egrave; stata normale in questo week-end, &egrave; stato bello tornare alla routine europea. Ci sono state molte emozioni fino ad ora. Ero sorpreso quando Ogura ha sbagliato in Malesia, non avevo potuto lottare con lui e la gara &egrave; stata molto dura. In Australia io ho commesso un errore, a Sepang lui". Fernandez ha poi continuato: "Il team non mi ha dato consigli, vogliamo fare un week-end normale, se sar&agrave; necessario parleremo prima della gara. Lavoreremo normalemente. Sono super concentrato per domenica, senza pensare ad Ogura o ad altro. Voglio far rimanere le cose semplici". Il vantaggio in classifica di 9,5 punti non incide sulla mentalit&agrave; da attuare in gara: "Non penso ai 9 punti di vantaggio, ma so che baster&agrave; salire sul podio per vincere. Il mio obiettivo sar&agrave; sempre lo stesso e cio&egrave; salire sul gradino pi&ugrave; alto del podio. Siamo stati sempre veloci nei week-end e non vedo perch&egrave; non possiamo esserlo adesso". Ai Ogura: "Ho pensato molto alla Malesia, ma ora sono concentrato e rilassato" Ogura dovr&agrave; fare una gara all'attacco per cercare di vincere il titolo, sperando di mettere tra s&egrave; e l'avversario, pi&ugrave; piloti possibili. L'errore della Malesia ha inciso sulla psiche del giapponese che per&ograve; adesso si dimostra concentrato pi&ugrave; che mai: "Ho pensato a lungo al GP della Malesia. Ho commesso un errore ma ero veloce, perci&ograve; adesso non voglio pensare a cose negative. Voglio iniziare bene il week-end. A Valencia non sono mai andato troppo bene ma stavolta sono rilassato e penso di fare un buon GP. Conosco bene la pista, sono calmo". Il giapponese ha poi continuato: "I consigli di Aoyama mi aiutano anche se ognuno ha la sua storia. Sono io a giocarmi il campionato e solo io sar&agrave; l'artefice di tutto. Se dovessi perdere il campionato per mezzo punto non vorrebbe dire molto. Perdere di uno o pi&ugrave; punti &egrave; uguale". MotoGP Valencia, Marini: "Pecco merita il titolo, &egrave; stato il pi&ugrave; forte"        

La classe di mezzo si prepara all'epilogo iridato con la sfida tra il giapponese e lo spagnolo. I due contendenti si sono mostrati concentrati in vista del week-end finale

Moto2 Valencia: Ai Ogura e Augusto Fernandez all'ultimo decisivo atto

Un&rsquo;altra delle tappe iconiche del Motomondiale torna in calendario dopo due anni di assenza, esattamente come l&rsquo;Australia appena una settimana fa. Stiamo parlando del Gran Premio della Malesia, il secondo Gran Premio pi&ugrave; &quot;giovane&quot; di quelli storici del Motomondiale.  Il Gran Premio della Malesia di quest&rsquo;anno potrebbe essere decisivo per l&rsquo;assegnazione del titolo MotoGP con una gara di anticipo. Pecco Bagnaia ci arriva con 14 punti di vantaggio su Quartararo e 27 su Aleix Espargar&ograve; dopo il podio in Australia e le difficolt&agrave; dei due rivali sempre in quel di Phillip Island.  Storia   Di per s&eacute; il Gran Premio della Malesia non ha una vera e propria storia pregressa prima dell&rsquo;ingresso nel calendario del Motomondiale. Ingresso che avviene direttamente nel 1991 con il tracciato di Shah Alam come gara finale di quel campionato, praticamente una passerella visti i titoli gi&agrave; assegnati nella gara precedente e con parecchie defezioni causa infortuni. Edizione che ha visto la vittoria di Loris Capirossi in 125, Luca Cadalora in 250 e John Kocinski in 500.&nbsp;  Essendo il secondo Gran Premio pi&ugrave; giovane tra quelli storici del calendario, ne sono state disputate appena 29 edizioni e quella di quest&rsquo;anno sar&agrave; la 30^. In 29 edizioni, 21 sono state disputate sul tracciato di Sepang, entrato in calendario nel 1999, 7 a Shah Alam ed una sola a Johor.&nbsp;  &nbsp;  Nessuna vittoria malese ma 10 vittorie giapponesi   Nonostante la Malesia sia un popolo di motociclisti, nel Mondiale non c&rsquo;&egrave; mai stato un pilota malese realmente competitivo da poter vincere in casa, risultato peraltro sfiorato da Khairuddin nel 2012 in Moto3 giunto secondo e da Syahrin in Moto2 con il terzo posto.  Curiosamente, per&ograve;, il Gran Premio della Malesia conta 10 vittorie giapponesi: 2 per Ueda, 2 per Aoyama, una a testa per Aoki, Ui, Azuma, Harada, Nakano e Kato.  &nbsp;  Scrivi Malesia, dici Italia     L&rsquo;Italia &egrave; il Paese con pi&ugrave; successi in terra malese, ben 27 tra tutte le classi. Primatista &egrave; Valentino Rossi con 7 successi (6 in 500/MotoGP, 1 in 125) davanti a Max Biaggi con 5 affermazioni (4 in 250, 1 in MotoGP). Segue la Spagna con 22 successi (Dani Pedrosa primatista con 5 successi), poi l&rsquo;Australia con 10 (Mick Doohan primatista con 5 successi, segue Stoner con 4).  Rossi+Sepang=titoli e vittorie ma anche gag     Sepang &egrave; un posto speciale nella carriera di Valentino Rossi. Sulla pista malese, infatti, il Dottore ha centrato i titoli del 2003 (Honda) e 2009 (Yamaha), vinto la 46^ gara in Yamaha nel 2010 davanti a Dovizioso nell&rsquo;ultima stagione in &ldquo;blu&rdquo; prima del passaggio in Ducati. Ma Sepang &egrave; stata la location della famosa gag della Rapida, l&rsquo;impresa di pulizie che ha pulito la sua piazzola a Losail la gara precedente.  &nbsp;  Sepang croce e delizia di Simoncelli     Quando pensi a Sepang la mente ritorna sempre a quel romagnolo alto con i riccioli che risponde al nome di Marco Simoncelli. Sepang &egrave; il luogo del suo doppio destino: nel 2008 gli regala il titolo della 250 con il terzo posto in gara, nel 2011 gli toglie la vita con il tragico incidente del secondo giro mentre era in lotta con Bautista.  La prima di Dovi in Ducati, Bagnaia campione Moto2     Sepang negli anni successivi ha comunque continuato a sorridere agli italiani. Nel 2016 Andrea Dovizioso coglie il suo primo successo in Ducati davanti a Valentino Rossi mentre nel 2018 Pecco Bagnaia, terzo al traguardo alle spalle di Marini ed Oliveira, vince il suo primo e per ora unico titolo nel Motomondiale bissando per l&rsquo;Italia il titolo di Morbidelli dell&rsquo;anno precedente. 

Dopo due anni di assenza causa pandemia, ritorna il secondo Gran Premio pi&ugrave; giovane tra quelli iconici del calendario del Motomondiale

MotoGP Malesia: storia, curiosit&agrave; ma anche gioie e dolori

        Il Gran Premio del Giappone, oltre ad aver avuto tre vincitori diversi, ha portato con s&eacute; anche delle curiosit&agrave; statistiche, perci&ograve; che riguarda sia la Middle Class che la Moto3, sempre in salsa nipponica. Ai ed Ayumu per&ograve; hanno anche degli illustri predecessori, che si contano sulle dita di una mano, che hanno trionfato prima di loro in 125 e 250 Da Hiroshi&hellip;  &nbsp; L&rsquo;ultimo pilota giapponese a vincere il Gran Premio del Giappone per la classe 250/Moto2 &egrave; stato Hiroshi Aoyama, ultimo campione della 250 prima che cedesse il posto alla Moto2 nel 2010, nel 2006 con la KTM davanti ad Alex De Angelis e Jorge Lorenzo bissando il successo dell&rsquo;anno precedente con la Honda del team Telefonica Movistar (era compagno di box di Dani Pedrosa) a precedere il compagno di box Pedrosa e Casey Stoner. Chiuder&agrave; sia il 2005 che il 2006 in quarta posizione. &hellip;ad Ai   Dopo anni di bocconi amari, il Giappone ha trovato il suo nuovo eroe della Middle Class in Ai Ogura, pilota del team Idemitsu Honda Asia promesso sposo alla MotoGP per il 2024 e gi&agrave; vincitore in Spagna ed Austria, che domenica ha riportato la bandiera del Sol Levante al primo gradino del podio dopo 16 anni da Aoyama. E cosa lega Aoyama ad Ogura? Hiroshi &egrave; nientemeno che il team manager di Ai&hellip; &nbsp; Ayumu Sasaki fa la storia  &nbsp; Un pezzo di storia lo scrive anche il pilota del Max Racing Team, gi&agrave; vincitore di due gare quest'anno oltre ad altri 4 podi prima di domenica. Il podio alle spalle di Guevara e Foggia rappresenta il primo podio assoluto di un pilota giapponese in Moto3, risultato sfiorato per ben due volte dal suo connazionale Tatsuki Suzuki, due volte quarto nel 2017 e 2019. &nbsp; Quali sono gli altri piloti nipponici ad aver vinto la gara di casa in 250/Moto2 e 125/Moto3? Osamu Myazaki  &nbsp; Prima di Ogura ed Aoyama l&rsquo;ultimo vincitore della gara di casa &egrave; stata la wild card Yamaha Osamu Myazaki a Suzuka nel 2002 con la Honda del team Endurancedavanti al connazionale Daisaku Sakai e a Randy De Puniet. Basti pensare che sono passati tre anni dalla vittoria di Myazaki alla doppietta di Aoyama 2005-2006 e ben 16 dalla vittoria di Aoyama a quella di Ogura, in mezzo una moria di pilotia giapponesi competitivi nella classe di mezzo del Motomondiale Daijiro Kato  &nbsp; Chi per&ograve; ha vinto pi&ugrave; di tutti la gara di casa &egrave; stato l&rsquo;indimenticato #74 con ben 4 successi a Suzuka nel 1997-98-00-01. Il primo successo arriva nel 1997 in un poker tutto giapponese con Ukawa secondo, Harada terzo e Tsujimura in quarta posizione. Nel 1998 ancora un poker nipponico a Suzuka: Kato-Nakano-Matsudo-Harada, nel 2000 il terzo successo di Daijiro con i connazionali Ukawa e Nakano ad accompagnarlo sul podio mentre nel 2001 la quarta ed ultima affermazione davanti ad Harada e Locatelli nell'anno che lo porter&agrave; all'unico Mondiale in carriera. Harada, Okada e Nakano  &nbsp; Un successo a testa tra Suzuka e Motegi per altri tre grandi piloti nipponici: Tetsuya nel 1993, anno della sua ascesa al trono della 250 davanti ad Okada e all'indimenticabile Romboni, Tadayuki nel 1994 con la Honda davanti a Capirossi ed Ukawa e Shin&rsquo;ya nel 1999, primo anno con la Yamaha Tech3 e prima volta assoluta a Motegi per il Motomondiale, davanti ad Ukawa e Capirossi.&nbsp; &nbsp; Per trovare invece un pilota nipponico vincente nella classe leggera bisogna tornare indietro ai tempi di Ueda, Azuma e Tokudome Masao Azuma  &nbsp; Per trovare l&rsquo;ultimo giapponese a trionfare in patria nella classe 125 bisogna tornare indietro al 2001 con Masao Azuma e la Honda davanti al connazionale Ui sulla Derbi. Azuma conta 2 vittorie in casa, la prima nel 1999 a Motegi davanti al connazinale Nakajo e ad Alzamora, nell'anno del titolo dello spagnolo. La seconda vittoria di Azuma &egrave; del 2001 a Suzuka con la Honda davanti al connazionale Ui sulla Derbi ed al nostro Simone Sanna con l'Aprilia. Noboru Ueda  &nbsp; Parimerito con Azuma per numero di vittorie in patria, &ldquo;Nobby&rdquo; ha trionfato nel 1991 da esordiente nel Motomondiale con la Honda davanti a Gresini e Capirossi firmando prima la pole e poi il giro veloce in gara e nel 1997 con un poker tutto nipponico: Ueda (Honda Pileri)-Sakata (Aprilia UGT3000)-Nakajo (Honda Jha Racing)-Azuma (Honda LB Racing) Ui, Sakata, Tokudome, Aoki, Tsujimura  &nbsp; Un trionfo a testa in casa anche per Ui (2000), Sakata (1998), Tokudome (1996), Aoki (1995) e Tsujimura (1994). Podio tutto giapponese per l'unica vittoria in casa di Ui nel 2000 davanti alle Honda di Ueda ed Azuma, podio tutto giapponese anche nel 1998 con la vittoria di Sakata a precedere Manako ed Azuma, poker invece nel 1996 con Tokudome-Aoki-Ueda-Manako, particolare la gara del 1995 vinta da Aoki con 6 giapponesi nelle prime sei posizioni: Aoki-Saito-Sakata-Nakajo-Ibaraki-Kato. Anche nel 1994 ci fu un podio All Japan con Tsujimura davanti a Sakata e Nakajo.       

Il pilota della Moto2 ha vinto la gara di casa 16 anni dopo il suo attuale team manager mentre Ayumu Sasaki &egrave; salito per la prima volta sul podio nella classe Moto3

Ai Ogura ed Ayumu Sasaki: il Giappone può sognare di nuovo

        Se &egrave; vero che squadra che vince non si cambia, allora non &egrave; una sorpresa che il Team Asia abbia deciso di puntare sulla continuit&agrave; per il Motomondiale 2023. La squadra di Honda nata per far crescere i talenti asiatici e portarli in MotoGP avr&agrave; infatti gli stessi quattro portacolori di quest'anno anche nella prossima stagione di Moto2 e Moto3: ecco di chi si tratta. Petrucci torna in MotoGP: scommettiamo che andr&agrave; meglio di molti titolari? Ogura e Chantra: obiettivo titolo in Moto2  Nonostante la possibilit&agrave; di passare in MotoGP, Ai Ogura ha preferito restare un altro anno nella classe intermedia, permettendo cos&igrave; al team LCR di confermare Takaaki Nakagami in MotoGP (il quale in Thailandia verr&agrave; sostituito da Nagashima). Il giapponese &egrave; in piena lotta per il titolo mondiale gi&agrave; quest'anno, dove sta tenendo testa a quell'Augusto Fernandez che sembrava dovesse essere imbattibile per tutti, e nel 2023 partir&agrave; come uno dei grandi favoriti. Al suo fianco ci sar&agrave; ancora una volta Somkiat Chantra, che dopo aver trovato la prima vittoria in Indonesia e altri tre podi nel corso della stagione, &egrave; pronto a fare un ulteriore salto di qualit&agrave; in quello che sar&agrave; il suo quinto anno consecutivo in Moto2 con i colori del Team Asia, diventato un vero e proprio top team. Dal CIV al Mondiale Moto3: Vicente Perez Selfa correr&agrave; a Buriram Furusato e Aji proseguono in Moto3  Resta invariata anche la line up della classe leggera, con il giapponese Taiyo Furusato e l'indonesiano Mario Aji che punteranno a migliorare le proprie prestazioni dopo un 2022 di apprendistato in quella che, di fatto, &egrave; stata la loro stagione d'esordio nel Motomondiale. Se per Aji si prospettava un passaggio in Moto2 per via del proprio fisico e il 2023 sar&agrave; un anno di transizione, Furusato prover&agrave; invece ad inserirsi nelle posizioni di vertice dopo aver effettuato il difficile &ldquo;salto&rdquo; diretto dalla Asia Talent Cup (vinta lo scorso anno trionfando in tutte le gare disputate) al Mondiale senza passare per il FIM JuniorGP, cercando di dimostrare tutto il proprio talento anche nella serie iridata. BSB, niente Donington per Mackenzie: stagione finita per il campione 2021       

La squadra capitanata da Hiroshi Aoyama ha deciso di puntare sulla continuit&agrave; per la prossima stagione, confermando tutti e quattro i propri piloti

Honda Team Asia: confermata la line up Moto2 e Moto3 per il 2023

        Come previsto, l'asciutto &egrave; tornato protagonista a Motegi, cosi come i top rider della classe di mezzo, che con le condizioni pi&ugrave; canoniche sono riusciti a prendersi sin da subito le zone alte della gara. Una corsa contraddistinta, nelle prime fasi, dalle cadute "eccellenti" di Fermin Aldeguer e Aron Canet, partiti rispettivamente in seconda e prima posizione e bravi a imprimere un ritmo tale da tentare la fuga. Tuttavia, entrambi sono incappati in una caduta dovuta alla chiusura dell'anteriore; uno "zero" pesante per Canet, che vede salire il distacco in classifica a 50 punti, dicendo (probabilmente) addio ai sogni iridati. Sar&agrave; lotta a due per il mondiale: Ogura vs Fernandez La vittoria &egrave; stata in bilico per quasi tutta la gara, fino a quando il pilota di casa, Ai Ogura, non &egrave; riuscito ad essere costante nel ritmo, per poi superare Alonso Lopez, mattatore della prima met&agrave; di corsa. Al termine di un'efficace gestione nei confronti del primo inseguitore, Augusto Fernandez, Ogura conquista il terzo successo stagionale, riportando il Giappone sul gradino pi&ugrave; alto del podio nel proprio GP, risultato che mancava dalla vittoria di Aoyama nel 2006 in 250. Il giapponese riduce il distacco in classifica, avendo adesso soli due punti di svantaggio su Fernandez. Splendida gara dello spagnolo, autore di una gara di rimonta dalla 12esima posizione e conclusa in seconda. Adesso, con le cadute di Canet e Vietti, la lotta per il titolo sar&agrave; affare esclusivo dei primi due classificati del GP odierno. Completa il podio Alonso Lopez, protagonista indiscusso della prima met&agrave; di gara ed in leggera difficolt&agrave; con le gomme nel finale. Conclude ai piedi del podio Jake Dixon, che sfiora cos&igrave; il quinto podio stagionale; l'inglese termina davanti a Somkiat Chantra e Tony Arbolino, sesto nonch&egrave; migliore degli italiani. Settimo Pedro Acosta, abile a rimontare dalle retrovie, mentre completano la top ten Albert Arenas, Bo Bendsneyder e Filip Salac. Ancora una volta out Celestino Vietti, caduto mentre cercava di rimontare; l'italiano adesso ha 72 punti di svantaggio dal leader di classifica, un distacco proibitivo considerato che mancano solo quattro gare alla fine della stagione. Ordine d'arrivo della gara  Moto3, ancora Izan Guevara: vince in Giappone e ipoteca il mondiale       

Il giapponese trionfa nella sua gara di casa battendo un coriaceo Augusto Fernandez. Out Celestino Vietti

Moto2 Giappone: terza vittoria stagionale per Ai Ogura, sesto Tony Arbolino

        Una gara che ha sorriso ai colori asiatici, ma non a quelli italiani. Potremmo riassumere cos&igrave; il GP disputato dalla Moto2 in Austria, che ha visto trionfare il giapponese Ai Ogura davanti al compagno di team Somkiat Chantra. La classifica mondiale Moto3 dopo il GP Austria Domenica perfetta per il Sol Levante  Una gara perfetta, quella disputata da Ogura, che ha capitalizzato al meglio la pole position conquistata sabato resistendo agli attacchi di Alonso Lopez prima e gestendo il rientro di Chantra poi. In barba a ogni possibile gioco di squadra, il thailandese ha provato ad attaccare Ogura nel corso dell&rsquo;ultimo giro, ma il giapponese ha comunque conquistato il secondo risultato stagionale. Si tratta della prima doppietta per l&rsquo;Idemitsu Honda Team Asia, che sotto la guida di Hiroshi Aoyama sta diventando una realt&agrave; della middle class, risultato che completa la giornata perfetta del Giappone vista anche la vittoria di Sasaki davanti a Suzuki in Moto3. Dietro a Ogura e Chantra, il podio &egrave; stato completato da Jake Dixon, bravo a sopravanzare nel corso dell&rsquo;ultimo passaggio Pedro Acosta, comunque ottimo quarto al rientro dopo un infortunio. Per il britannico si tratta del terzo podio consecutivo. Italiani, dove siete?  Domenica in chiaroscuro per Augusto Fernandez, quinto al traguardo davanti a Canet e Lopez e sceso al secondo posto nella classifica generale, adesso comandata da Ogura con un solo punto di vantaggio. Il pilota KTM Ajo pu&ograve; sorridere, per&ograve;, perch&eacute; un altro avversario per il titolo ha sciupato l&rsquo;occasione di ricucire il gap nel Mondiale: parliamo di Celestino Vietti, protagonista di una rimonta furiosa fino alla terza posizione, sciupata a 9 giri dal termine, quando il piemontese &egrave; caduto nel tentativo di sorpassare Chantra. Altra nota negativa per i nostri colori &egrave; la totale assenza di piloti italiani nella zona punti: il primo pilota tricolore &egrave; Niccol&ograve; Antonelli, 16&deg;. Out Dalla Porta e Arbolino, ritirati dopo un contatto che ha coinvolto entrambi, e Zaccone, caduto nelle prime fasi.  La classifica          

Seconda vittoria di giornata per il Giappone dopo il successo di Sasaki in Moto3. Celestino, risalito in zona podio, &egrave; caduto mentre inseguiva Chantra (2&deg;)&nbsp;

Moto2, GP Austria: Ogura vince, Vietti sciupa una clamorosa rimonta

        Uno, due, tre, quattro. Ad Assen, le moto italiane hanno realizzato uno storico poker: le Ducati di Pecco Bagnaia e Marco Bezzecchi sui due gradini pi&ugrave; alti del podio, con le Aprilia di Maverick Vi&ntilde;ales e Aleix Espargar&oacute; in terza e quarta posizione. Quella (S)volta Che: Pol Tarres, con la sua moto in cima al mondo Il 1972  Per ritrovare i primi quattro posti della top class monopolizzati dai costruttori del nostro Paese bisognava tornare al GP Nazioni del 21 maggio 1972, un sabato trionfale per il motorismo italiano: la Targa Florio venne vinta da Arturo Merzario e Sandro Munari con la Ferrari 312-P davanti a due Alfa Romeo 33 TT. A Imola Renzo Pasolini con l&rsquo;Aermacchi si aggiudic&ograve; la gara della 250 mentre Giacomo Agostini con la MV Agusta si prese 350 e 500. Nei 37 giri di quest&rsquo;ultima Ago rifil&ograve; un minuto, 35 secondi e otto decimi ad Alberto Pagani con la moto gemella. Terzo fu a lungo Jack Findlay prima di essere fermato da un guasto alla sua Jawa. Sul podio sal&igrave; allora Bruno Spaggiari, pur doppiato, davanti a Paul Smart, quarto a due giri, ambedue con la Ducati bicilindrica. Quello fu il primo podio in classe regina della Casa di Borgo Panigale, che per il bis avrebbe dovuto attendere 31 anni con la MotoGP. Nove furono i piloti al traguardo della 500 sui 30 partenti, anche se le cronache evidenziano che soltanto un paio finirono in ospedale: Giovanni Perrone soffr&igrave; di un trauma cranico e della frattura della clavicola sinistra mentre Karl Auer si ruppe il dito medio della mano sinistra e rimedi&ograve; la sospetta frattura della scapola omerale sinistra. Il terzo ricoverato fu Luciano Spinello, per il ruzzolone nella classe 50, conclusasi con la scazzottata tra Angel Nieto e Jan Huberts. SBK, anno 2012  Curiosamente ad Assen and&ograve; in scena anche l&rsquo;ultima quaterna delle moto italiane in Superbike: Gara 1 del 22 aprile di dieci anni fa fu interrotta dopo tredici giri causa pioggia. In testa nei primi 11 giri era rimasto il poleman Tom Sykes ma prima della bandiera rossa la sua Kawasaki alz&ograve; bandiera bianca. Montate le rain, i piloti tornarono in sella per gli ultimi nove giri: nelle battute iniziali uscirono di scena Jonathan Rea (Honda), che era stato secondo nella Superpole, e la BMW di Leon Haslam, cos&igrave; come le Suzuki di John Hopkins e Leon Camier. Al terzultimo giro vol&ograve; via pure Ayrton Badovini che stava assaporando l&rsquo;ebbrezza del comando con un&rsquo;altra BMW. Con la pista ai limiti della praticabilit&agrave; ebbe la meglio Sylvain Guintoli, con 2&rdquo;633 su Davide Giugliano e 3&rdquo;031 su Carlos Checa. La tripletta delle Ducati 1098R fu accompagnata dal quarto e quinto posto delle Aprilia RSV4 Factory di Max Biaggi ed Eugene Laverty. Sesto fu Michel Fabrizio con la BMW, unico intruso nel settebello tricolore perch&eacute; la Ducati conquist&ograve; pure settimo e ottavo posto con Jakub Smrz e Niccol&ograve; Canepa. La prima moto giapponese fu invece la Kawasaki di Leandro Mercado, decimo a un minuto e nove secondi dal vincitore. Per il francese fu il primo trionfo in Superbike ma nella classifica finale della stagione fu soltanto ottavo e nessuna Ducati figur&ograve; sul podio: campione divenne Biaggi con mezzo punto su Sykes e terzo fu Marco Melandri con la BMW. Il Sic al Mugello  La pioggia fu protagonista anche dell&rsquo;ultima quaterna delle moto italiane nella classe intermedia. Nel 2009 al Mugello, in 250, Marco Simoncelli fece subito il vuoto con la Gilera: dopo un giro aveva tre secondi di vantaggio, dopo due passaggi oltre sei secondi e tre decimi. Le Aprilia di Mattia Pasini e Alvaro Bautista andarono per&ograve; a prenderlo, completando l&rsquo;aggancio dopo otto giri. Ma all&rsquo;undicesimo giro lo spagnolo e il SIC si toccarono e furono costretti a un&rsquo;infinita escursione sulla terra che fortunatamente riuscirono a controllare. Mattia ne approfitt&ograve; per fuggire ma al penultimo giro fu riacciuffato dall&rsquo;amico Marco che, dopo un duello finale passato alla storia, dovette inchinarsi soltanto per 117 millesimi. La Casa di Noale conquist&ograve; pure terzo, quarto e quinto posto con Bautista, Thomas L&uuml;thi ed Hector Barbera. Sesto a mezzo minuto Hiroshi Aoyama con la Honda: il duo nipponico perse la battaglia ma si aggiudic&ograve; il titolo iridato. Quella (S)volta Che: BMW, al top anche nell'Endurance       

Quattro moto tricolori al top: prima di Assen 2022, i precedenti di Imola e Mugello

Quella (S)volta Che: quando le moto italiane fanno poker

        Il Gran Premio dell'Indonesia della classe Moto2 si &egrave; concluso con un risultato sorprendente, visto il trionfo di Somkiat Chantra. Il pilota del Team Asia &egrave; diventato il primo pilota thailandesednella storia a conquistare il successo nel Motomondiale, in quello che &egrave; il suo quarto anno nella classe intermedia. Per conoscere ci&ograve; che si cela dietro a questo exploit del numero 35, abbiamo chiesto al suo telemetrista Luca Merloni di raccontarci i segreti del proprio lavoro con il team capitanato da Hiroshi Aoyama, dove lavora ormai dal 2017. Moto2, classifica piloti: Vietti resta leader e allunga su Canet Merloni: &ldquo;Il Team Asia &egrave; un ambiente particolare&rdquo;  Il Team Asia &egrave; diventato ormai da diverse stagioni un vero e proprio vivaio Honda per far crescere i giovani talenti. Il progetto parte infatti dall'Asia Talent Cup per arrivare fino alla MotoGP, passando per il Mondiale Junior, la Moto3 e la Moto2. I piloti che ne fanno parte, diventano una vera e propria famiglia, come spiega Luca: &ldquo;I talenti del team Asia passano molto tempo insieme, vivono tutti a Barcellona e hanno un legame particolare tra loro. Sono amici, pi&ugrave; che rivali e, quando arriva un risultato come la vittoria di Chantra, la gioia &egrave; immensa per tutta la squadra&rdquo;. &ldquo;Somkiat &egrave; un pilota particolare, perch&egrave; &egrave; molto riservato, ma allegro e genuino&rdquo;, prosegue Merloni. &ldquo;Ha bisogno, pi&ugrave; degli altri, di tornare spesso a casa tra una gara e l'altra, perci&ograve; adesso &egrave; tornato in Thailandia. Non &egrave; semplice comprenderlo quando ci d&agrave; le indicazioni ai box, ma lavorando con lui ormai da quattro anni ho visto un grande miglioramento e sono sicuro che possa togliersi altre belle soddisfazioni quest'anno&rdquo;.  &ldquo;In Argentina pu&ograve; ottenere un altro grande risultato&rdquo;  La stagione era iniziata alla grande con i test di Jerez, ma l'infortunio in Qatar ha complicato il tutto: &ldquo;A Jerez, Chantra era stato uno dei pi&ugrave; veloci e sembrava pronto a giocarsi le posizioni di vertice. L'infortunio al dito subito in Qatar &egrave; stato un episodio davvero sfortunato, ma si &egrave; ripreso in fretta e in Indonesia &egrave; stato incredibile. Adesso arriva l'Argentina, che &egrave; la pista in cui nel 2019 ha ottenuto la sua prima top ten, perci&ograve; pu&ograve; ottenere un altro risultato importante&rdquo;. &ldquo;Si pu&ograve; dire che Somkiat sia forte su quei circuiti, come appunto Mandalika e Termas de Rio Hondo, in cui ci sono molti curvoni veloci. Lo &egrave; anche a Jerez e in quelli con tante staccate violente, come il Red Bull Ring e Buriram, che sar&agrave; il suo Gran Premio di casa. Nei tracciati pi&ugrave; tecnici come Portimao e il Mugello fa ancora un po' di fatica, ma questa potrebbe essere una grande stagione per noi&rdquo;, conclude Luca senza nascondere l'ottimismo in vista dei prossimi impegni.&nbsp;&nbsp; MotoGP, Marc Marquez e la diplopia: ecco cosa ne pensa il dottor Costa       

Il pilota del Team Asia ha scritto un pezzo di storia diventando il primo thailandese a vincere un GP. Il suo telemetrista, Luca Merloni, ci ha raccontato in esclusiva cosa si nasconde dietro a questo grande risultato

Moto2: c'è anche l'Italia dietro al trionfo di Chantra a Mandalika

        Taiyo Furusato will miss the opening Moto3 round in Qatar. The young Japanese rider who competes for team Asia will begin his first season in the world championship a little later than planned due to an injury to his right ankle that he sustained during private tests last week at Jerez de la Frontera. An injury that also forced him to miss the latest official tests at Portim&atilde;o, in order to undergo surgery in Barcelona. The operation, carried out by Dr. Jordi Vega, went according to plan and number 72 can now start his rehabilitation, but he will be unable to line up on the grid for the first race on 6 March. This means that the team headed up by Hiroshi Aoyama may only field Mario Aji during the opening round. Double disappointment  And, to add insult to injury, this means that Furusato will also miss out on racing at one of the few tracks he knows well, considering that he competed in (and won) four races at the Qatari track last season. Taiyo is therefore in for something of an uphill climb as he sets out with the goal of becoming 2022 Rookie of the Year. Translated by Heather Watson MotoGP, Yamaha: riders dissatisfied following the tests, is it time to worry?       

The season will get off to a late start for the 2021 Asia Talent Cup champion, who has undergone surgery on his right ankle bone after hurting himself during private tests at Jerez de la Frontera

Moto3: Taiyo Furusato to miss the Qatar GP

        Taiyo Furusato salter&agrave; il Gran Premio del Qatar della Moto3. Il giovane pilota giapponese del team Asia inizier&agrave; in ritardo la propria stagione d'esordio nel Motomondiale, a causa di un infortunio all'astragalo del piede destro rimediato nel corso dei test privati di Jerez de la Frontera della scorsa settimana. Infortunio che l'ha costretto a saltare anche gli ultimi test ufficiali di Portimao, per operarsi a Barcellona. L'operazione, eseguita dal dottor Jordi Vega, &egrave; riuscita perfettamente e il numero 72 pu&ograve; cominciare il proprio percorso di riabilitazione, che non gli permetter&agrave; comunque di essere in griglia il 6 marzo in occasione della prima gara, dove il team capitanato da Hiroshi Aoyama potrebbe essere al via con il solo Mario Aji. Moto2, infortunio alla mano per Marcel Schrotter: Qatar a rischio? Doppia beffa per il giapponese  Per Furusato si tratta di una doppia beffa: oltre a dover rimandare il proprio esordio mondiale, infatti, il numero 72 rinuncer&agrave; ad uno dei Gran Premi in cui avrebbe avuto il vantaggio di conoscere perfettamente il tracciato, visto che ha corso (e vinto) ben quattro gare sulla pista qatariota lo scorso anno. La rincorsa al titolo di Rookie of the Year, obiettivo di Taiyo per quest'anno, parte quindi in salita. Esclusiva, Casadei: "Non solo MotoE: nel 2022 far&ograve; anche il CIV"       

Inizier&agrave; in ritardo la stagione per il campione 2021 dell'Asia Talent Cup, operatosi all'astragalo del piede destro dopo l'infortunio rimediato nei test privati di Jerez de la Frontera

Moto3: Taiyo Furusato salterà il Gran Premio del Qatar

        Sepang International Circuit, SIC la sigla, il destino nel nome. Su questo circuito domenica 23 ottobre 2011 alle ore 16.56 locali fu dichiarato morto Marco Simoncelli dopo gli inutili tentativi di Michele Zasa e di otto medici malesi di rianimarlo per oltre mezz&rsquo;ora. Quell&rsquo;anno, in occasione del GP Malesia, le tre classi assommarono 71 cadute, 31 in pi&ugrave; rispetto all&rsquo;edizione precedente. Tra queste, anche il terribile volo che, nelle prove della Moto2, caus&ograve; a Marc Marquez il primo episodio di diplopia. Un&rsquo;anomalia inspiegabile perch&eacute; nonostante si sia corso a Sepang fino al 2019 questo picco di cadute non &egrave; pi&ugrave; stato toccato.  E proprio con due violente cadute a Sepang, una delle quali gli aveva procurato una commozione cerebrale, nei test del 2010 Simoncelli aveva iniziato la sua esperienza in MotoGP. Marco chiuse l&rsquo;annata da rookie con tredici cadute, pi&ugrave; di tutti, ma a febbraio 2011, a Sepang, la ruota sembr&ograve; girare. Il terzo giorno si mise tutti dietro, dando ragione a Shuhei Nakamoto che l&rsquo;aveva voluto e riconfermato con un trattamento simil-ufficiale. Anche Andrea Dovizioso era rimasto sulla RC212V, blindato da un contratto di ferro, cos&igrave; come Dani Pedrosa ma a loro, in HRC, si era affiancato Casey Stoner. Marcellino Lucchi, il super collaudatore della 250 Rossi e la Rossa   Numerose le novit&agrave; in casa Ducati, a partire ovviamente da Valentino Rossi nel team ufficiale, mentre Pramac mise sotto contratto Loris Capirossi e Randy De Puniet e un&rsquo;altra GP11 and&ograve; a Karel Abraham, al debutto. Parecchi anche i cambi in Yamaha, con Ben Spies promosso ufficiale e Cal Crutchlow al suo posto in Tech 3, cos&igrave; come nei team italiani fedeli alla Honda: Fausto Gresini rimpiazz&ograve; Marco Melandri, diretto in Superbike, con Hiroshi Aoyama accanto al SIC, mentre Lucio Cecchinello prese Toni Elias. Pur quantitativamente ridotta, soltanto 17 piloti, la qualit&agrave; della MotoGP era altissima: soltanto De Puniet, Hector Barbera e Abraham non avevano conquistato almeno un Mondiale. Nei celebri test autunnali di Valencia, al debutto sulla Honda-Repsol Stoner si mise tutti alle spalle e anche a febbraio la RC212V si dimostr&ograve; la moto da battere, grazie anche al cambio rivoluzionario: l&rsquo;australiano in testa il primo giorno, Dani Pedrosa il secondo e Simoncelli il terzo grazie al passaggio dal telaio del Dovi a quello dello spagnolo con evidente aumento del grip, e all&rsquo;affiancamento di un nuovo tecnico. In un buco nero fin&igrave; invece la Ducati, non soltanto con Rossi, che confess&ograve; di essere preoccupato, ma anche con Capirossi: &ldquo;La Desmosedici non &egrave; facile da guidare&rdquo;. Le prime gare confermarono questa duplice tendenza con l&rsquo;intrusione di Jorge Lorenzo, deciso a difendere il suo titolo. Il maiorchino balz&ograve; al comando della classifica con il successo sul bagnato a Jerez dopo il secondo posto in Qatar. In entrambe le gare sal&igrave; sul podio pure Pedrosa ma sempre alle sue spalle, complici i dolori alla spalla sinistra picchiata in allenamento con una Kawasaki da Cross. Stoner invece vinse a Losail ma in Andalusia fu abbattuto da Rossi all&rsquo;ottavo giro e non riusc&igrave; a ripartire, a differenza della moto numero 46 su cui si affrettarono tutti i commissari. Abbandonato al suo destino, l&rsquo;australiano attese il passaggio dell&rsquo;investitore per applaudirlo ironicamente. A fine gara Rossi and&ograve; al box Honda per scusarsi ma Stoner rispose: &ldquo;L&rsquo;ambizione ha superato il tuo talento&rdquo;. La parabola di Marco: le polemica, la prima pole, i podi   Grandi anche i rimpianti di Simoncelli, in testa dal sesto all&rsquo;11&deg; giro prima di finire a terra. Uno &ldquo;zero&rdquo; che replic&ograve; all&rsquo;Estoril dove perse il controllo alla quarta curva e divenne bersaglio degli attacchi verbali di Lorenzo. L&rsquo;impiego di un forcellone in alluminio non miglior&ograve; il rendimento delle GP11 e la tensione tra Rossi e Stoner si acu&igrave;. L&rsquo;unico dei big a restare in disparte era Pedrosa, reduce dall&rsquo;operazione alla spalla, che in Portogallo port&ograve; a tre i vincitori in altrettanti GP stagionali. Alla vigilia del GP Francia Marco fu messo all&rsquo;indice dalla Commissione Sicurezza ma non cambi&ograve; il suo modo di correre. Dopo 11 giri, a Le Mans, aveva oltre due secondi di ritardo su Dani che annull&ograve; in breve. Al 18&deg; giro lo pass&ograve; prendendosi la seconda piazza ma nel rettilineo seguente l&rsquo;iberico lo affianc&ograve; all&rsquo;interno. Simoncelli impost&ograve; la curva ma la sua ruota posteriore si tocc&ograve; con l&rsquo;anteriore del rivale che cadde, rimedi&ograve; la frattura della clavicola destra e fu costretto al saltare tre GP. Le polemiche sovrastarono i due tricolori sui pennoni - grazie a Dovizioso e Rossi - anche se su quello pi&ugrave; alto campeggiava la Union Jack con la stella del Commonwealth per Stoner. Sebbene Simoncelli avesse spiegato che &ldquo;Quando vado in pista lo faccio per andare il pi&ugrave; forte possibile, non per trovare beghe, anche perch&eacute; rischieremmo di farci male tutti, anche io&rdquo;, con l&rsquo;avvicinarsi del GP Catalunya la situazione divenne ancora pi&ugrave; tesa. Al romagnolo arrivarono minacce di morte, inclusa una lettera con un proiettile, per cui fu approntata una scorta al suo arrivo a Barcellona. Invece di essere frastornato, il SIC - che coinvolse i due agenti dell&rsquo;Interpol nelle celebri partite a carte con gli uomini del team - conquist&ograve; la sua prima pole in MotoGP ma a vincere fu ancora Stoner che, non contento, replic&ograve; in Gran Bretagna. Sotto l&rsquo;insistente pioggia inglese Lorenzo rest&ograve; a lungo dietro a Dovizioso finch&eacute; non pat&igrave; un high side con cui interruppe una serie di 25 gare consecutive sempre fra i primi quattro. Casey balz&ograve; al comando della graduatoria e allung&ograve; ad Assen, dove vinse per la prima e unica volta in classe regina Ben Spies. In Olanda la foga gioc&ograve; un altro brutto scherzo a Simoncelli, ancora in pole, che nella prima curva a sinistra infil&ograve; Lorenzo ma poi perse il controllo, trascinandolo a terra. Il numero uno quasi dimezz&ograve; il gap con la vittoria al Mugello e il secondo posto in Germania ma Stoner rimise le cose a posto con un&rsquo;altra tripletta (Laguna Seca, Brno e Indianapolis) che lo proiett&ograve; a +44. In Repubblica Ceca Simoncelli ottenne il primo podio in MotoGP che biss&ograve; in Australia, salendo un ulteriore gradino. A Phillip Island, Stoner conquist&ograve; successo e titolo, agevolato dall&rsquo;assenza di Lorenzo, ferito all&rsquo;anulare sinistro nel warm up. A quel punto il successo del pilota di Coriano sembrava soltanto questione di tempo e anche la Honda, pur costretta a ridurre del 30% gli investimenti, gli rinnov&ograve; il contratto.  La tragica Sepang  Nelle qualifiche in Malesia fu per&ograve; costretto a impiegare il muletto, ma ci&ograve; nonostante all&rsquo;inizio del secondo giro di gara era quarto, dietro alle tre HRC. Alla Curva 11 per&ograve; perse l&rsquo;appoggio del piede sinistro restando appeso al manubrio e cerc&ograve; di tirare su la moto con il gomito. Come aveva sperimentato Stoner a Jerez, la RC212V era una moto impossibile far ripartire. Un limite che Simoncelli conosceva e che probabilmente lo indusse a restare attaccato al gas, mentre la moto, riprendendo grip sul posteriore, tagli&ograve; trasversalmente la pista. Alvaro Bautista e Nicky Hayden, che erano alle sue spalle, lo sfilarono, ma poi sopraggiunsero Colin Edwards e Rossi che non poterono evitare l&rsquo;impatto. Erano le 16.05 e dopo il tremendo botto il casco, che riporter&agrave; segni di gomma sulla parte destra, rotol&ograve; via. Il cinturino, che dai test doveva resistere a un carico di 375 kg, si era strappato. Fatali le lesioni alla testa, al collo, al torace. Il GP venne fermato e non venne fatto ripartire. La MotoGP perse il grande emergente, e l&rsquo;Italia perse il top rider del futuro. Quattro giorni dopo i funerali a Coriano furono seguiti in diretta TV da 5.857.000 spettatori con uno share di oltre il 42%. L&rsquo;ennesima dimostrazione dell&rsquo;affetto che l&rsquo;Italia provava per Marco. La storia di Stefano Perugini, dalla 250 alle nocciole       

La tragedia di Sepang ha segnato un'era: il campione di Coriano, il grande emergente della MotoGP, aveva vissuto un 2011 al centro dell'attenzione, tra sprazzi e polemiche. A vincere il titolo fu Stoner

MotoGP Story: 2011, l'addio all'amato Marco Simoncelli

        Classe 250, casa nostra. Nelle 61 edizioni della cilindrata di mezzo, il tricolore &egrave; stato padrone in 22 casi, a cui si aggiunge un titolo del sammarinese Manuel Poggiali. Nessuno, inglesi, tedeschi e in tempi recenti spagnoli, &egrave; riuscito ad avvicinare tale predominio, se &egrave; vero che la seconda scuola pi&ugrave; titolata - quella britannica - non raggiunge la doppia cifra di titoli. Un dominio che porta impressi i nomi di Bruno Ruffo, Dario Ambrosini, Enrico Lorenzetti, Carlo Ubbiali, Tarquinio Provini, Walter Villa, Mario Lega, nel passato pi&ugrave; lontano. E poi Luca Cadalora, Max Biaggi, Loris Capirossi, Valentino Rossi, Marco Melandri e Marco Simoncelli. &ldquo;Macio&rdquo; e il SIC, assieme a Poggiali, hanno consentito alla 250 di parlare italiano anche nel Terzo Millennio, negli ultimi anni della categoria a due tempi, prima del passaggio alla Moto2 del 2010. Il 2002 di Marco Melandri   &ldquo;La 250 era una moto bellissima e difficile da guidare &ndash; dice un nostalgico Marco Melandri, campione con l&rsquo;Aprilia nel 2002 &ndash; 100 cavalli per 100 kg erano tanta roba, era molto delicata e dovevi essere molto preciso&rdquo;. &ldquo;Era il giusto compromesso tra agilit&agrave; e potenza &ndash; spiega Manuel Poggiali, successore di Melandri sull&rsquo;Aprilia e al vertice della categoria &ndash; ai tempi il regolamento prevedeva la possibilit&agrave; di sviluppare liberamente. Rispetto alle tante limitazioni di adesso era tutto aperto&rdquo;. Non sempre, per&ograve;, nell&rsquo;ultimo decennio di storia della 250 la situazione per gli italiani era stata rosea. Dopo il titolo di Rossi nel 1999, il sesto consecutivo per l&rsquo;Italia in una serie iniziata da Biaggi e proseguita da Capirossi, sono arrivati due anni di stallo: nel 2000 a svettare fu il francese Olivier Jacque davanti a uno stuolo di giapponesi, cio&egrave; il compagno di team Shinya Nakano, il compianto Daijiro Kato e Toro Ukawa, con il rookie Melandri quinto. Nel 2001, invece, a vincere il titolo iridato fu lo straordinario Kato in sella alla Honda del Team Gresini, seguito dai due compagni di squadra in Aprilia, Tetsuya Harada e Melandri, con Roberto Locatelli quarto. In quello stesso anno, il giovane e rampante Melandri, alla seconda stagione nella quarto di litro, ottenne la prima vittoria di categoria nel GP Germania, conquistando anche quattro secondi posti e quattro terzi posti. Un bel modo per preparare l&rsquo;assalto al titolo nel 2002. Quando, ancora in sella all&rsquo;Aprilia del Team MS Racing, Melandri lasci&ograve; poco spazio ai rivali, andando a conquistare nove vittorie (sei consecutive) e tre secondi posti. Un totale di 298 punti, 57 pi&ugrave; di Fonsi Nieto, secondo. La gara decisiva della stagione fu quella di Phillip Island, la penultima in calendario, con lo scontro diretto tra Melandri e Nieto: tra i due, al traguardo, ci fu uno scarto di sette millesimi, sufficienti al pilota italiano per conquistare il titolo a soltanto 20 anni e due mesi. Meglio anche di Rossi, ma quel record sarebbe stato infranto due stagioni pi&ugrave; tardi dal diciannovenne Dani Pedrosa. &ldquo;Fu il coronamento di un sogno &ndash; ricorda Melandri &ndash; mettere al sicuro un titolo vincendo la gara e lottando fino all&rsquo;ultimo giro con il proprio rivale... non poteva esserci finale migliore&rdquo;. Loris Reggiani e la 250: "Il 1992 fu un dominio tricolore" Il passaggio del testimone a Manuel Poggiali   L&rsquo;enfant prodige, soprannome che Melandri si merit&ograve; grazie al primo successo in un GP iridato a meno di 16 anni, pass&ograve; la moto e il testimone di campione del Mondo a Poggiali. Il quale non attese per conquistare il titolo della classe di mezzo, due anni dopo aver prevalso in 125. Melandri e Poggiali non si sono mai confrontati nella quarto di litro, ma entrambi concordano sul ruolo di questa categoria: un trampolino di lancio per la classe regina, seppure il sammarinese non comp&igrave; mai il salto: &ldquo;Era una categoria molto istruttiva &ndash; spiega Manuel &ndash; c&rsquo;erano mille soluzioni ed era possibile lavorare in modo maniacale per poter rendere tutto veramente estremo&rdquo;. Poggiali, ripensando al titolo ottenuto nel 2003, ricorda il supporto del grande team che ebbe alle spalle, ovvero l&rsquo;MS Aprilia: &ldquo;Quello che ha fatto la differenza &egrave; stato avere un&rsquo;azienda che credeva in me. Questo mi ha dato una spinta in pi&ugrave;, sono aspetti emotivi che fanno un&rsquo;enorme differenza&rdquo;. Dopo un inverno di test che lo vide adattarsi benissimo alla nuova moto e alla nuova cilindrata, Poggiali piazz&ograve; subito una vittoria nella prima gara in Giappone, anche se a Suzuka non erano mancati gli inconvenienti: nelle qualifiche, che furono bagnate, sbagli&ograve; gomme e riusc&igrave; a piazzarsi soltanto 23&deg; in griglia. Domenica mattina la gara fu per&ograve; asciutta e pur scattando dalle retrovie, Manuel riusc&igrave; a salire sul gradino pi&ugrave; alto del podio. Gli avversari erano avvertiti. Quell&rsquo;anno Poggiali ottenne quattro successi, tre secondi e altrettanti terzi posti: il suo rivale principale fu Roberto Rolfo in sella alla Honda (unico pilota sulla moto di Tokyo a chiudere tra i primi sette classificati, in mezzo al contingente Aprilia). Il torinese, grazie alla costanza, riusc&igrave; a tenere aperta la corsa al titolo fino al GP conclusivo Rolfo, in 250 dal 1998, nel 2002 era riuscito a chiudere con il terzo posto in classifica generale mentre nel 2003 sfid&ograve; Poggiali ottenendo due vittorie, tre secondi posti e un terzo posto. Il sammarinese chiuse la partita a Valencia, l&rsquo;ultimo GP. A dividerli furono 14 punti (249 per Manuel e 235 per Roberto). Come Harada nel 1993, anche Poggiali conquist&ograve; il Mondiale 250 al primo tentativo. Un risultato poi eguagliato da Pedrosa nel 2004. L&rsquo;invasione spagnola, prima di Marco Simoncelli   Un titolo, quello del catalano, che fu l&rsquo;apertura di una nuova era, con cui la 250 anticip&ograve; quanto si sarebbe visto nel Motomondiale: l&rsquo;invasione spagnola. Tra 2004 e 2007, il Paese iberico vinse sempre la 250 con i due rivali storici Pedrosa e Jorge Lorenzo a dividersi equamente la posta. Il maiorchino si ritrov&ograve; a duellare con Andrea Dovizioso, uno debig che non riuscirono a vincere il titolo: come lui, per esempio, Casey Stoner vice campione nel 2005, davanti a Dovi. Il forlivese ci riprov&ograve; nei due anni successivi, ma dovette arrendersi all&rsquo;egemonia di Lorenzo e dell&rsquo;Aprilia. In entrambi i casi, Andrea chiuse secondo davanti al sammarinese Alex De Angelis. Dove non riusc&igrave; Dovizioso, a compiere l&rsquo;impresa fu l&rsquo;allora alter ego &ndash; suo rivale sin dalle Minimoto e caratterialmente agli antipodi &ndash; Marco Simoncelli. Il ventunenne di Coriano, in sella alla Gilera RSA 250 non ufficiale cominci&ograve; la sua stagione d&rsquo;oro, il 2008, con due &ldquo;zero&rdquo; causati da due cadute. Poi, per&ograve;, le porte verso il gradino pi&ugrave; alto del podio si spalancarono al Mugello, dove il rivale Hector Barbera fin&igrave; a terra in modo spaventoso sul rettilineo, mentre era in scia al SIC. Marco seppe ripetersi a Barcellona, al Sachsenring e a Phillip Island, anche perch&eacute; nel frattempo l&rsquo;Aprilia, proprietaria del marchio Gilera, aveva deciso di fornire al romagnolo la versione factory della RSA. E 51 anni dopo Libero Liberati, Simoncelli fu il pilota italiano che riport&ograve; la Gilera all&rsquo;iride (nel mezzo ci riusc&igrave; in 125 Poggiali, sammarinese). Il SIC si fece spazio andando a vincere il titolo su Alvaro Bautista e Mika Kallio con una gara d&rsquo;anticipo, in Malesia, dove tre anni dopo sarebbe scomparso. Indimenticabile resta l&rsquo;immagine del giro d&rsquo;onore senza casco, con la maglietta bianca celebrativa e il gesto delle braccia aperte. "Come un angelo" disse Paolo Simoncelli. Quell&rsquo;immagine simbolica rappresenta idealmente l&rsquo;ultimo capitolo della storia d&rsquo;amore tra l&rsquo;Italia e la 250. Il SIC l&rsquo;anno successivo non riusc&igrave; a ripetersi, pur essendo il pilota pi&ugrave; veloce della categoria, e il titolo and&ograve; a Hiroshi Aoyama. Ma a Phillip Island, Marco firm&ograve; non soltanto la sua ultima vittoria, ma anche l&rsquo;ultimo successo italiano nella categoria. &Egrave; stata l&rsquo;ultima medaglia per un Paese che si &egrave; dimostrato padrone della categoria, come e pi&ugrave; degli Stati Uniti nell&rsquo;era delle 500 due tempi. "I numeri parlano chiaro, non c&rsquo;&egrave; altro da aggiungere" sentenzia Melandri. &ldquo;Abbiamo avuto degli anni pazzeschi &ndash; conclude Poggiali, 'straniero' di passaporto ma non di lingua e soprattutto di estrazione sportiva &ndash; in 250 la nostra scuola ha fatto veramente la differenza creando tanti talenti competitivi e vincenti in ambito mondiale. Bisogna essere fieri del lavoro che &egrave; stato compiuto&rdquo;. Marcellino Lucchi, il super collaudatore della 250       

Dopo il dominio degli anni Novanta, la scuola italiana non si &egrave; fermata, trionfando in 250 con Melandri, il sanmarinese Poggiali e l'indimenticato SIC

Melandri-Poggiali-Simoncelli, trionfatori nella 250 degli anni Duemila

        Correva l&rsquo;anno 1998, l&rsquo;Aprilia dominava la ottavo e la quarto di litro del Motomondiale, sia perch&eacute; aveva delle moto eccezionali, nate all&rsquo;interno di un reparto corse diretto magistralmente da Jan Witteveen, che perch&eacute; i piloti della Casa di Noale erano autentici fuoriclasse: Valentino Rossi, Tetsuya Harada e Loris Capirossi, che quell&rsquo;anno si aggiudic&ograve; il titolo della 250. Il GP Italia, al Mugello, era una gara nella gara: salire sul gradino pi&ugrave; alto del podio era utile alla classifica mondiale ma anche al morale, soprattutto per Rossi e Capirossi, italiani in sella a moto italiane. Quell&rsquo;anno per&ograve;, nessuno dei piloti ufficiali prov&ograve; il piacere della vittoria, ottenuta da un collaudatore di 41 anni, che era molto, molto veloce e conosceva ogni centimetro della pista toscana. Stiamo parlando di Marcellino Lucchi, l&rsquo;uomo che contribu&igrave; a sviluppare la fantastica RSW 250, e che quel giorno guid&ograve; il poker Aprilia al traguardo, precedendo Rossi, Harada e Capirossi. Una carriera infinita   Partiamo dalla fine, ovvero dal ricordo di quell&rsquo;indimenticabile weekend del 1998, al Mugello. &rdquo;Bocce, motociclismo o ciclismo... poco cambia; uno sportivo ama vincere. Quella gara fu la realizzazione del mio sogno&rdquo;. Come riassumeresti la tua lunga traiettoria sportiva? &ldquo;Cominciai a correre nel 1976 e ho smesso di collaudare le moto da corsa nel 2004. Iniziai lavorando con le puntine e ho smesso mettendo a punto l&rsquo;elettronica della MotoGP dell&rsquo;Aprilia tricilindrica, progetto per il quale, nel 2002, avevo smesso di collaudare la 250 GP. Poi &egrave; stato chiuso il progetto tre cilindri, l&rsquo;Aprilia &egrave; stata acquistata dalla Piaggio, il reparto corse &egrave; passato nelle mani di Gigi Dall&rsquo;Igna, con il quale, inizialmente, non ho lavorato. In seguito, dato che agli ingegneri del reparo corse arrivavano tanti input da numerosi piloti, Dall&rsquo;Igna mi ha chiamato per tre giorni di test a Valencia, dove ho provato sei-sette telai. Abbiamo trovato una buona configurazione tecnica: era un progetto ibrido, servito a 'fondere' la 250 di Witteveen e quella di Dall&rsquo;Igna. Poi &egrave; arrivato Alex Debon, che ha sviluppato il progetto che tutti conoscono con la sigla RSA&rdquo;. La RSA 250 era molto diversa dalla RSW? &ldquo;La RSA era un&rsquo;evoluzione della RS, una moto eccezionale che in seguito &egrave; stata migliorata anche per merito delle nuove tecniche costruttive. Il forcellone della RSW era corto e la moto tendeva a impennarsi, per&ograve; non potevamo &lsquo;giocare&rsquo; molto con la distribuzione dei pesi, perch&eacute; il basamento del motore era grande. O meglio, era compatto ma, anno dopo anno, la tecnologia ha messo a disposizione degli ingegneri degli strumenti per miniaturizzare i componenti. Cos&igrave; &egrave; stato possibile costruire carter motore pi&ugrave; compatti, dando pi&ugrave; libert&agrave; a chi progettava la ciclistica. Inoltre, sulla RSA, a ogni marcia era abbinata una mappatura della centralina. In generale, c&rsquo;era pi&ugrave; elettronica&rdquo;. Qual &egrave; stata la grande delusione? &ldquo;Da tifoso della Casa di Noale, avrei tanto voluto vedere un&rsquo;Aprilia sul gradino pi&ugrave; alto del podio nell&rsquo;ultimo anno in cui hanno corso le 250 GP. Invece, nel 2009, il titolo iridato &egrave; stato vinto da Hiroshi Aoyama, in sella alla Honda&rdquo;. Com&rsquo;era Marcellino Lucchi pilota? &ldquo;Fino al 1989, spendevo tutti i soldi che guadagnavo per correre. Tiravo fuori tanto denaro dal portafogli e non bastava mai, per&ograve; non volevo mollare, perch&eacute; desideravo dimostrare di essere competitivo. Il mio obiettivo non era vincere il Mondiale; sapevo di essere capace di guidare la moto e volevo farlo capire a tutti. Purtroppo, per&ograve;, io non sono mai stato bravo a chiedere una possibilit&agrave;, non era nel mio carattere. Per fortuna avevo diversi amici manager che lo facevano al mio posto&rdquo;. Quanti ricordi   C&rsquo;&egrave; qualche ricordo che, pi&ugrave; di altri, &egrave; impresso nella tua mente? &ldquo;Nel 1989 volevo smettere di correre ma un mio amico, un macellaio di Bologna, mi aiut&ograve; a trovare uno sponsor. In qualche modo mettemmo assieme 80 milioni di Lire, con cui bisognava comprare le moto Aprilia, il furgone, eccetera. Eravamo comunque a corto di budget, cos&igrave; chiamai Fabrizio Guidotti, che risolse il problema fornendomi una vecchia ciclistica, con un buon motore. Io ero pilota, meccanico, autista, cuoco... e viaggiavo con un ragazzo che mi dava una mano. Con quella moto gareggiai nell&rsquo;Europeo 250. Dovetti saltare la prima gara e debuttai nella seconda, a Zolder, dove vinsi davanti a Wilco Zeelenberg. Conquistai anche altre gare quell&rsquo;anno ma persi il campionato, vinto da Andrea Borgonovo. Andavo a correre prendendo le ferie dal Comune... ed ero comunque contento&rdquo;. Qual &egrave; stato il raccordo tra la carriera di pilota e quella di tester? &ldquo;Ero in buoni rapporti con l&rsquo;Aprilia quando a Noale arriv&ograve; Jan Witteveen. Nel 1991 era stata progettata una moto con sospensioni a parallelogramma: si chiamava O.Z., anche se era un&rsquo;Aprilia. L&rsquo;esperimento non ebbe molto successo. Nel 1992, essendo a piedi, parlai con l&rsquo;Aprilia, che stava sviluppando il test team, cos&igrave; inizi&ograve; la mia carriera di collaudatore. In quella stagione vinsi il campionato italiano in prova unica a Vallelunga dove, in sella all&rsquo;Aprilia ufficiale che usavo nei collaudi, sconfissi la squadra della Gilera. In seguito ho vinto tanti altri titoli italiani. Nel 1994 ho ripreso a correre nel Mondiale, come wild card. E nel 1998, come abbiamo detto, ho vinto il GP Italia; nel 1999, sempre al Mugello, sono partito in pole position, per&ograve; mi sono scontrato con Capirossi poco dopo la partenza e sono caduto.  "Anche nel 2000 andavo fortissimo al GP Italia, per&ograve; mi sono steso come un pirla alla curva del Correntaio. La peggiore wild card al Mugello, per&ograve;, &egrave; stata quella del 2001: sono caduto tre volte senza capire perch&eacute;. Conoscevo la moto come le mie tasche eppure non funzionava. C&rsquo;erano degli ingegneri assunti da poco, giovani. Ricordo di aver chiesto: &lsquo;Cosa avete fatto a questa moto?&rsquo;. Dopo aver controllato i dati mi hanno risposto: &lsquo;Niente, abbiamo soltanto sostituito il leveraggio ma &egrave; identico a quello che abbiamo tolto&rsquo;. A quel punto...&rdquo;. A quel punto... qual &egrave; stata la tua risposta? &ldquo;&Egrave; stata... &lsquo;Identico sti due ma....!&rsquo;. Gli ho fatto capire che a mio avviso non era proprio identico...&rdquo;. L&rsquo;ultima wild card &egrave; stata nel 2004, a 47 anni. &ldquo;A Sepang, nel GP Malesia, ho sostituto o pi&ugrave; vicino ai 50 anni che ai 40 e correvo contro i giovanissimi! Mi sono difeso e ho messo a punto la moto. Mi ha fatto piacere sapere che Poggiali, nelle gare successive, si &egrave; trovato bene con la messa a punto che avevo fatto&rdquo;. Cosa fa oggi Marcellino Lucchi? &ldquo;Ho aperto un negozio di biciclette, altra mi grande passione. Alla mia et&agrave;, e con un cuore che ha fatto il suo lavoro, ancora mi diverto, per&ograve; con le MTB a pedalata assistita, che ormai hanno una ciclistica da moto: guidare in discesa &egrave; uno spasso!&rdquo;.       

"Ho corso dal 1976 al 2004, passando dalle puntine all'elettronica della MotoGP. Il ricordo pi&ugrave; bello &egrave; la vittoria del 1998 al Mugello, ma posso dire di non aver sfigurato nel Mondiale a 47 anni. E dire che nell'89 volevo smettere..."&nbsp;

Marcellino Lucchi, il super collaudatore dell'Aprilia 250

        Dopo una stagione che ha visto i giovanissimi piloti della Asia Talent Cup darsi battaglia in soli due tracciati a causa dei problemi legati alla pandemia e ai vari cambiamenti di calendario, sul nuovissimo circuito di Mandalika &egrave; andato in scena l'ultimo round del 2021 che ha incoronato campione il giapponese Taiyo Furusato. Il weekend si &egrave; svolto con pi&ugrave; difficolt&agrave; del previsto, in quanto erano inizialmente programmate due gare lo scorso fine settimana e due in questo come evento di contorno del mondiale Superbike. Tuttavia, la cancellazione delle prime due manche della scorsa settimana aveva portato l'organizzazione a decidere di effettuare tutte e quattro le corse in questo weekend, divenute poi tre per via del maltempo. SBK Indonesia, Bautista: "Honda? Anni difficili, ma mi sento un pilota migliore" Furusato gi&agrave; pronto per il Motomondiale  Il grande protagonista del weekend, cos&igrave; come dell'intero campionato, &egrave; stato Taiyo Furusato: dopo aver vinto di misura la prima manche nella giornata di venerd&igrave; battendo Danial Sharil, il giapponese si &egrave; ripetuto il sabato andando a trionfare nuovamente sul malese e conquistando matematicamente il titolo con una gara d'anticipo. La corsa finale ha riproposto il duello a due tra Furusato e Sharil, con il numero 15 ancora una volta sul gradino pi&ugrave; alto del podio. Tre terzi posti su tre, invece, per Gun Mie. Con sette vittorie in altrettante gare corse quest'anno tra Losail e Mandalika nella serie Honda per i giovani piloti asiatici (e una vittoria all'esordio nella Red Bull Rookies Cup), Furusato ha dimostrato di essere gi&agrave; pronto per il grande passo all'interno del Motomondiale, dove esordir&agrave; in Moto3 nel 2022 con la Honda del team Asia. La compagine capitanata da Hiroshi Aoyama ha infatti deciso di promuoverlo direttamente, considerandolo addirittura come un possibile futuro campione del mondo. SBK Indonesia, Gerloff: "Abbiamo meritato il titolo tra gli indipendenti"       

Il giapponese trionfa in tutte le manche sul circuito indonesiano e conclude la stagione a punteggio pieno nel monomarca Honda laureandosi campione, in un weekend complicato dal punto di vista organizzativo

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